lunedì 15 dicembre 2008

Cronaca di una giornata alla ricerca degli Esperia sul Monte Cairo

Da Caterina a Francesco, il breve resoconto della giornata di venerdì scorso... una foto piccola e parziale di tutto quello che è stato. Tanto altro avrei potuto dire, ma, dopo tagli e sistemazioni varie, sono rimaste queste brusche pennellate di colore e queste strette inquadrature, per me evocative.
12. 12. 2008 Monte Cairo

Taku, Lupin, Francesco De Giorgio e Caterina Lazzi

Le terre dei pony d'Esperia sono montagne aspre, irte e aguzze, ricoperte da lecci, querce, e sottobosco: felci, pungitopo, borraccina e rosa canina. Le rocce sono bianche rosse, marroni e nere... non ne conosco la natura ma i loro colori rimarranno sempre impressi dentro di me.
Lì, da generazioni, la famiglia di Amerigo Nota vive. Parlano una lingua arcaica, l'unica che conoscano; si muovono tutto il giorno, in solitudine, su ampi spazi a seguire e controllare i branchi selvaggi di cavalli e vacche e a spostare quelli allevati di pecore e capre. Con loro e di loro vivono, ne mangiano e vendono la carne.
Non lontano corre l'autostrada baluardo e insegna del mondo civile sull'orlo dell'Apocalisse; a 150 km da là, a Roma, il Tevere, lentamente, cresce e si gonfia sotto una pioggia perpetua, battente e abbondante.

Iniziamo ad arrampicarci sul monte dove oggi sapevamo esserci Amerigo col suo gruppo di cavalli selvaggi.
Saliamo, di buon basso trainati dai due cani che con energia e irrequietezza si spingono e si avventurano anche molto avanti a noi. La strada bianca e sassosa è buona... il cielo è grigio la nebbia l'umidità sono dense e quasi piove. Querci, lecci, pungitopo, borraccina e rosa canina. La luce è poca ma così pulita da rendere tutto nitido.
Incontriamo prima Felice, che sta portando capre e pecore a mangiare nelle verdi radure in mezzo alla macchia. Ci dice che il cugino Amerigo l'avremmo trovato più avanti, nemmeno lui sa di preciso dove... più avanti!

Saliamo tanto fino a d arrivare alla neve e a un grande pascolo verde da cui svetta la cima della montagna, brulla rocciosa, leggermente imbiancata e con qualche puntino nero qua e là... ecco gli Esperia in lontananza!
Io sono già soddisfatta, ma continuando ad avanzare ci troviamo proprio in mezzo al branco che pascola... adesso sono incredula e felice.
Leghiamo i cani.
Iniziamo a muoverci in mezzo al branco.
Tutto è in armonia. Loro mangiano, ci ascoltano, ci guardano, ci sentono, compostamente, quasi a volerci lasciar fare, per capirci bene e noi facciamo lo stesso con loro.

Francesco mi dice di provare a d avvicinarmi ad una cavalla ed io inizio a muovermi...
Lì ogni passo ogni gesto è più spontaneo, naturale ed ha un energia diversa, quella che assorbe direttamente da quell'ambiente, da quel branco, da quell'armonia.

Mi sento diversa... un animale in mezzo a tanti altri.
Avrei potuto essere un cane, o un topo, o un pettirosso e invece sono un essere umano, ecco cosa sono! I cespugli, gli alberi, l'erba, le noci cadute e perfino delle grandi ossa a terra catturano la mia attenzione, mentre mi muovo, viva, tra quei corpi, vivi, che tanta energia sprigionano da sé.
Non riesco più a concentrarmi sui segnali che la cavalla mi manda, mi volto quasi per non guardarla e per non darle il mio sguardo, la percepisco ma non la guardo. Lei è immobile e rigida man mano che mi avvicino; mi fermo accanto a lei accoccolata, ma non provo neanche a toccarla, lei non lo vuole, lo si sente chiaramente. Così mi alzo e mi allontano da lei.
Un altro giovane cavallo baldanzoso arriva verso di me trottando a testa alta, lui è curioso e non ha paura. Si ferma ad una certa distanza con le orecchie dritte, tese verso di me!

Da lontano sento il fischio di Francesco, mi vuole avvisare che ha sciolto Lupin e che il piccolo mi sta venendo incontro correndo. Lui arriva a tutta velocità e davanti al puledro ecco che inizia ad abbaiare, il cavallo infastidito scappa il cane lo insegue e a fatica schiva un bel calcio.
Gli Esperia sono abituati ai lupi e sanno difendersi.
Inizia a piovere per bene, sono passati solo 10 minuti al massimo ma dobbiamo ripartire la strada da fare è tanta.
Appena ripartiti ecco che incontriamo Amerigo, due parole con Francesco che lo avvisa che domenica tornerà da quelle parti con un gruppo di persone. L'uomo è felice di vederlo e dispiaciuto per il brutto tempo che ci ha accolto, quasi come fosse sua responsabilità. Ha un gran bel viso e a differenza nostra indossa solo una camicia, che tiene sbottonata.
Ci saluta con affetto dicendoci che prima che faccia buio deve finire di fare il giro della montagna per cercare gli altri cavalli...
Così noi continuiamo a scendere...

I pony di Esperia sono piccoli e morelli, hanno lunghe criniere e ciuffi lunghi di pelo sui pastorali. Il loro manto è folto e lucente... Anche sulla testa, che è importante e rustica, con piccoli occhi, grandi narici e ampie gote. Lo sguardo è fiero e vivo, non un velo di ombra lo rabbuia.

Torneremo a trovarli e staremo di più con loro... sarà più caldo e loro saranno in amore probabilmente.

Caterina

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