Quindici persone attendono l'inizio del cammino.
Parlano e ridono tra di loro, guardando i cavalli liberi nella “prateria”... Girano tra le strutture della Manada... Osservano l'ambiente. Iniziano a respirare, ad ascoltare la serenità di un ritmo di vita più lento ed i respiri curiosi e profondi dei nostri cavalli che si crogiolano al sole.
Io sono l'occhio che cattura dall'esterno le immagini (le dinamiche) dell'esperienza percorrerò lo stesso cammino a ritroso di quelle persone, insieme e attraverso di loro, rimanendo tanto vicina e tanto lontana ad ognuno.
Suonano le percussioni. La guida raccoglie tutti in cerchio. Tutti gli occhi sono chiusi: il sole che batte sulla pelle, la riscalda e la colora... risveglia e amplifica le percezioni.
Comincia lo sciamano a muoversi tra ognuno dei quindici, vibrando li sfiora, lasciando sui visi un segno del suo passaggio, di quel contatto.
Il gruppo è adesso la Tribù Degli Uomini Dei Cavalli, un unico corpo e tanti spiriti alla ricerca di assonanza, sintonia, armonia, per il tempo che durerà l'esperienza.
Ecco che lo sciamano sceglie per la tribù, un capo, un uomo di medicina, un capo dei guerrieri e due contrari, due sacri folli che sfidano e deridono la norma, la ignorano, scuotono gli animi per riavvicinarli al sacro.
La tribù vive nel 1877, sta per essere rinchiusa per sempre all'interno di una riserva dal generale Sherman. Egli offre al capo tribù un'opportunità: prima di entrare nella riserva possono essere richieste dieci concessioni, di qualsiasi natura. Loro in breve tempo dovranno stabilire cosa potrebbe essere essenziale richiedere al generale, affinchè l'autenticità della loro esistenza sia preservata dall'estinzione.
... cosa potrebbe essere essenziale? La terra? La libertà di culto? Le loro tradizioni? Il diritto a cacciare? I cavalli? Le armi? Pensano, uomini e donne, confusi ma caparbi. Discutono, cercano di definire la cosa fondamentale da richiedere. Provano con la mente ad afferrarla e stringerla, ma niente... lei sguilla via dall'abbraccio della ragione. I folli contrari pungono le pance di ognuno; stuzzicano con irriverenza le loro emozioni a ribellarsi a quella continua prevaricazione della mente nel raggiungere l'essenziale sacro dentro di loro. Smuovono tensioni, un po' di rabbia, insinuano dubbi!
Il generale Sherman affiancato da due cavalli selvaggi, attende la tribù, all'ingresso della prateria, per accoglierne le richieste: le ascolta e ne è insoddisfatto. Non hanno sapore, non hanno odore, non vibrano della sacra energia dello spirito di una tribù! È l'ora dunque di darle vita e farla fluire dentro ai loro corpi!
Ecco che fanno il loro ingresso nell'esperienza, le azioni, i movimenti, i gesti: ora a creare ritmo battendo sulle percussioni sparse nella prateria. Ora a sperimentare quello stesso ritmo in una danza, uomini e cavalli insieme. Si contagiano, si toccano, si sfiorano, si ascoltano, si respirano! Cavalli e uomini tessono la loro ragnatela, con urla, zoccoli e piedi che scalpitano, mani che battono, orecchie dritte che sentono, visi che sorridono, narici che soffiano e corpi dipinti degli stessi colori, dalle loro stesse dita!
Lo sciamano, con indosso i colori della terra, dell'erba del sole e del cielo, gli stessi della tribù, fa il suo ingresso nella prateria sul dorso candito e potente di Pioggia Selvaggia. È tornato per rinsaldare gli spiriti. Afferma che un grande potere alberga in ognuno di loro: è il sentirsi, è il concedersi la libertà di scegliere la via del contrario, che li condurrà sempre e semplicemente all'unica, autentica sorgente di se stessi.